COMUNICAZIONE AI SOCI

 

Salve a tutti, qualche giorno fa, il 28 febbraio 2020, 17 sigle sindacali delle FF.AA. e FF.PP tra le quali l’USIF, hanno stilato un documento inerente alla legge sulla sindacalizzazione. 

Molte polemiche ha suscitato l’ultimo punto del suddetto scritto, di seguito testualmente riportato: 

“IL DIRITTO DEL DIRIGENTE SINDACALE MILITARE AD ESSERE TRASFERITO, A DOMANDA, PRESSO UN NUOVO REPARTO DELLA STESSA SEDE O NUOVA SEDE DI GRADIMENTO, ANCHE IN SOVRAORGANICO, AL TERMINE NATURALE DELL'ESPLETAMENTO DELL'INTERO MANDATO SINDACALE”. 

Si precisa che non vi è ancora, per mancanza di una specifica legge sulla sindacalizzazione militare, la definizione di “Dirigente Sindacale”. 

Per analogia, le attuali norme sindacali sono la Legge 20 maggio 1970, n. 300 (norma sull’attività e libertà sindacale nei luoghi di lavoro, applicabile sia al pubblico sia al privato), e la Legge 1 aprile 1981, n. 121 (norma sindacale Polizia di Stato). 

La norma, per come si evince dal tenore letterale della stessa, tutela i Rappresentanti Sindacali quali dipendenti delegati a rappresentare gli interessi di tutti colleghi di lavoro. 

Con riferimento all'art. 22 della L. 300/70 e all’art. 88 della Legge 121/81 citati, si deve rimarcare che gli stessi predispongono una particolare tutela del dirigente delle OO.SS. statuendo che il loro trasferimento "può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza". 

La stessa tutela è garantita anche da altre norme statali a garanzia di chi, tutelando i diritti dei lavoratori, si espone oltremodo. 

Pertanto, se il Legislatore ha previsto tale norma, è evidente che il Dirigente Sindacale è sottoposto a tale rischio e per tale motivo la tutela deve essere chiara, forte ed efficace: ecco perché viene richiesto il nulla osta da parte della O.S. di appartenenza. 

Questo concetto è propedeutico alla motivazione per la quale ho dovuto (per dovere e a tutela dei futuri Dirigenti Sindacali) e voluto condividere tale contestata, abusata e strumentalizzata “richiesta”. 

 

Appare evidente e naturale che un Dirigente Sindacale durante la propria attività andrà a scontrarsi con la propria gerarchia ed è altrettanto evidente che è ampiamente tutelato normativamente (vi sono tantissimi riscontri giurisprudenziali che non riporto per non tediarvi) durante tutto il periodo del proprio mandato. 

La decisione di avallare il documento pubblicato è stata presa in seguito al seguente dubbio: 

“Chi tutelerà il Dirigente Sindacale o chiunque effettui attività in difesa dei diritti dei colleghi, una volta scaduto il mandato? Lo stesso dovrà prestare servizio nella stessa Regione, Provincia o addirittura nello stesso Reparto dove ha dovuto lottare, e magari ha dovuto farlo proprio contro il diretto superiore.” 

Si provi ad immaginare il fatto che gli ordini, i servizi, le note caratteristiche potrebbero essere fatti/redatti dallo stesso superiore con il quale tempo prima il Dirigente Sindacale in parola ha dovuto affrontare problematiche e controversie varie. Non si vuole aggiungere altro. 

Ebbene sì, allo stato dei fatti vi è stato l’obbligo morale di richiedere una sorta di tutela anche per chi, dopo anni di attività sindacale, rientrerà, forse di malavoglia, al proprio reparto. 

Io commetterò sicuramente degli errori, ma non accetterò di certo strumentalizzazioni di sorta.  

Forza USIF

 

Roma, 01/03/2020

 

Il Segretario Generale Nazionale Provv. dell’ USIF

(Vincenzo PISCOZZO)