LO STATO CHIEDE SEMPRE DI PIU', MA RESTITUISCE SEMPRE DI MENO AGLI "SBIRRI"

31 Dec 2025

Stipendi erosi dall’inflazione, diritti compressi, sicurezza a rischio: il prezzo silenzioso pagato ogni giorno da chi indossa una divisa.

Editoriale di fine anno

di Vincenzo Piscozzo - Segretario Generale dell’ Unione Sindacale Italiana Finanzieri (USIF)

Arrivati alla fine di un anno, il tempo delle celebrazioni dovrebbe lasciare spazio alla verità. Una verità che riguarda le donne e gli uomini in divisa, ma anche le loro famiglie. Una verità che non può più essere addolcita né rimandata.

Questo è stato un altro anno in cui lo Stato ha chiesto molto. Presenza, sacrificio, disponibilità totale, spirito di servizio. Ma è stato anche un anno in cui, ancora una volta, ha restituito poco. Troppo poco.

Resta infatti intatta quella triste abitudine che ormai conosciamo bene: valorizzare le forze di polizia a parole, salvo poi dimenticarle nei fatti. Gli elogi nei discorsi ufficiali non pagano i mutui, non riempiono il carrello della spesa, non compensano i rischi quotidiani né alleviano la stanchezza fisica e mentale che questo lavoro comporta.

Veniamo dall’ultimo rinnovo contrattuale, firmato appena un anno fa, presentato come un risultato e rivelatosi invece un compromesso al ribasso. In nome dei vincoli di bilancio e della solita “coperta corta”, gli aumenti riconosciuti non hanno nemmeno coperto l’inflazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: stipendi che valgono meno, famiglie che fanno più sacrifici, operatori costretti a stringere la cinghia mentre il costo della vita continua a salire.

Come se non bastasse, la discussione sulla legge finanziaria ha tentato di infliggere un ulteriore colpo a tutto il comparto: l’innalzamento dell’età pensionistica. Una scelta miope, che ignora l’usura e la specificità di un lavoro che espone ogni giorno a rischi fisici e psicologici. Solo grazie alle proteste e al senso di responsabilità dimostrato si è riusciti a rinviare questa misura. Non a eliminarla. È una questione che resta aperta e che dovrà essere affrontata senza ipocrisie.

Sul fronte della sicurezza, il bilancio è altrettanto preoccupante. L’applicazione di norme contenute nel cosiddetto decreto sicurezza, alcune già considerate anticostituzionali, non ha migliorato il quadro operativo. Al contrario, gli scontri in piazza sono sempre più accesi, le violenze contro le forze di polizia aumentano, così come i casi di percosse, lesioni e oltraggi. A pagare il prezzo più alto sono sempre gli stessi: i colleghi in strada, che rimettono salute, serenità e, troppo spesso, anche la fiducia nelle istituzioni.

Eppure, troppo spesso ci si dimentica che dietro ogni uniforme c’è un lavoratore. Con diritti, non solo doveri. La sicurezza sul lavoro non può essere un concetto astratto quando si indossa una divisa: è una necessità concreta che deve essere garantita con tutele adeguate, norme aggiornate e mezzi idonei.

C’è poi un segnale che dovrebbe far riflettere tutti, senza distinzioni politiche: la fuga dai concorsi pubblici. In un Paese dove il lavoro scarseggia e molti impieghi sono mal pagati, sempre meno giovani scelgono di entrare nelle forze di polizia. Non per mancanza di valori, ma perché il prezzo da pagare è diventato troppo alto rispetto alle condizioni offerte. Rischi crescenti, stipendi insufficienti, prospettive incerte. È un campanello d’allarme che non può più essere ignorato.

Questo editoriale di fine anno non è un atto d’accusa sterile. È un’analisi lucida e necessaria. È un invito a cambiare rotta. Perché continuare a chiedere sempre di più senza restituire dignità, tutele e prospettive significa indebolire lo Stato dall’interno.

Il nuovo anno deve segnare un cambio di passo: dalle parole ai fatti, dalle celebrazioni alle scelte concrete. Serve un approccio diverso, più giusto, più rispettoso.

Per rispetto di chi indossa una divisa.

Per rispetto delle loro famiglie.

Per rispetto dello Stato che tutti diciamo di voler difendere.