LA DIFESA DELL'ILLEGALITA': QUANDO IL CENTRO SOCIALE CONTA PIU' DELLO STATO!

23 Aug 2025

Editoriale di Vincenzo Piscozzo, segretario generale dell’Unione Sindacale Italiana Finanzieri

Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano non è soltanto una vicenda locale, ma il simbolo di una contraddizione che l’Italia vive da anni: si tollerano occupazioni abusive per decenni, salvo poi intervenire improvvisamente, presentando il conto alla collettività. In questo caso, addirittura, lo Stato è stato condannato a pagare 3 milioni di euro ai legittimi proprietari dell’immobile per non aver fatto rispettare le regole per oltre trent’anni.

Ma il Leoncavallo è solo la punta dell’iceberg. Da Roma a Torino, da Bologna a Napoli, in tante,  troppe, città italiane esistono immobili occupati illegalmente, trasformati in centri sociali che si autolegittimano come spazi “culturali” o “politici”, ma che restano pur sempre frutto di una violazione di legge.

Non di rado, poi, chi frequenta questi luoghi è lo stesso che scende in piazza per alimentare disordini e scontri con le Forze dell’Ordine, trasformando manifestazioni legittime in occasioni di violenza.

Questa vicenda pone una domanda semplice ma fondamentale: dove finisce l’illegalità tollerata e dove inizia la certezza del diritto?

Come sindacato, non possiamo restare indifferenti. Perché dietro a queste scelte e a queste esitazioni ricadono responsabilità e rischi sulle spalle delle donne e degli uomini delle Forze di Polizia.

A loro si chiede di intervenire in situazioni che avrebbero dovuto essere gestite con coerenza e tempestività dallo Stato. A loro si chiede di ristabilire l’ordine in contesti delicati e complessi, esponendoli al rischio di scontri, contestazioni e persino di gogna mediatica

Non è accettabile che chi difende la legalità venga lasciato solo.

Non è accettabile che ci siano dichiarazioni solenni e indignazioni pubbliche per alcune situazioni, mentre in altre - penso ai colleghi coinvolti in vicende tragiche come quelle di Cutro e Crotone - non si alzi una voce trasversale a difesa di chi ha semplicemente svolto il proprio dovere.

Legalità significa regole uguali per tutti. E legalità significa anche garantire tutele, difesa e rispetto per chi ogni giorno, in uniforme, applica quelle regole a beneficio della collettività.

Noi continueremo a ribadire che non possono esistere zone franche, né per chi occupa un bene senza titolo, né per chi mette alla gogna uomini e donne dello Stato colpevoli soltanto di fare il proprio lavoro. 

La sicurezza non è un concetto astratto: è il risultato dell’impegno quotidiano di migliaia di servitori dello Stato che meritano riconoscimento, protezione e garanzie. Questo chiediamo e continueremo a chiedere, perché senza la difesa concreta di chi opera sul campo, nessuno Stato di diritto può dirsi davvero tale.