Equità, dignità e sicurezza: perché la manovra deve cambiare rotta
26 Oct 2025
EDITORIALE DI VINCENZO PISCOZZO
C’è un filo che unisce le piazze infuocate di Roma e Torino e i numeri freddi della legge di bilancio: la distanza tra chi serve lo Stato e chi lo governa.
L’ultimo episodio di Torino, dove colleghi in divisa hanno garantito l’ordine pubblico tra la violenza e la tensione, non è solo cronaca. È il simbolo di un Paese che chiede sicurezza, ma non riconosce il valore umano e professionale di chi la garantisce.
L’Unione Sindacale Italiana Finanzieri è intervenuta con forza sul testo della manovra economica, chiedendo un cambio di passo netto.
L’attuale impostazione non rispecchia le reali esigenze del comparto sicurezza e difesa, pilastro della stabilità nazionale e presidio quotidiano di legalità economica e sociale.
Non si tratta di rivendicazioni corporative, ma di giustizia istituzionale.
Dietro ogni divisa c’è un cittadino, un padre, una madre, un lavoratore che paga le tasse, che rinuncia a tempo e salute per servire la Repubblica.
Eppure, le norme e le risorse destinate al comparto sembrano scritte per altri.
Serve una manovra che riconosca il sacrificio e non solo la funzione.
L’USIF ha messo nero su bianco proposte concrete:
• una previdenza dedicata che tenga conto della specificità del servizio;
• lo stop all’innalzamento dell’età pensionabile, perché chi serve lo Stato in armi non può essere trattato come gli altri;
• la detassazione delle indennità accessorie e del FESI, per restituire dignità economica a chi rischia ogni giorno;
• il ricongiungimento familiare e la tutela abitativa, diritti che non dovrebbero essere privilegi ma strumenti di equilibrio sociale;
• la revisione dei tempi del TFS e la tutela legale effettiva per chi è coinvolto in procedimenti di servizio;
• infine, la correzione delle ingiustizie fiscali nel TUIR, perché nessuno debba essere penalizzato solo per essere lontano da casa in nome dello Stato.
Oggi, però, assistiamo all’assurdo: si trovano miliardi per slogan, ma non si trovano risorse per l’equità.
Si finanziano bonus a pioggia, ma non si investe nel welfare degli operatori della sicurezza.
Si costruiscono ponti mediatici, ma si lasciano crollare i ponti sociali tra lo Stato e chi lo difende.
Come ha ricordato l’USIF nel suo comunicato di Torino, “servire lo Stato non può significare restare invisibili”.
Non è accettabile che i “figli di papà dei centri sociali” abbiano più voce dei “figli dei poliziotti”, come ha detto il ministro Tajani, ma è ancora più grave che chi indossa una divisa venga trattato come un figlio di un Dio minore, dimenticato dalle manovre e dalle scelte politiche.
La verità è che senza sicurezza non esiste economia, e senza giustizia sociale non può esserci sicurezza.
Chi serve il Paese in silenzio non chiede privilegi, ma rispetto. E il rispetto passa attraverso le leggi, i contratti, i diritti e le risorse.
Per questo l’USIF non si limita a denunciare, ma propone e costruisce.
Non è un sindacato di protesta, ma una voce di sistema che vuole riportare equilibrio tra Stato e servitori dello Stato.
E lo fa con una visione moderna, inclusiva, fondata sulla competenza e sulla partecipazione.
La sfida che abbiamo davanti non è solo sindacale: è culturale.
Serve una nuova consapevolezza collettiva, un sentimento di appartenenza che vada oltre la divisa e arrivi al cuore delle istituzioni.
Solo unendo le forze, condividendo idee e valori, potremo trasformare la nostra presenza in un’azione reale.
USIF è questo: una casa comune, non per pochi, ma per tutti.
Una voce libera, concreta e coraggiosa, che non arretra di fronte all’indifferenza politica né si piega alle logiche di convenienza.
Chi crede nella dignità del proprio lavoro e nel rispetto delle regole trova in USIF non solo un sindacato, ma una missione civile.
Perché lo Stato si serve con onore, ma si difende con coraggio.
E oggi, più che mai, l’USIF è la voce di chi non si rassegna a restare invisibile.
Vincenzo Piscozzo
Segretario Generale dell’ Unione Sindacale Italiana Finanzieri











