FAMIGLIA E MOBILITÀ…IN PILLOLE!  

Il militare, con figli minori fino a 3 anni di età, ha facoltà di fruire di un trasferimento temporaneo, a domanda, anche in modo frazionato e per un periodo non superiore al triennio, presso una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione in cui l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, previa sussistenza di un posto vacante e disponibile, valutando le effettive esigenze organizzative e funzionali dei Reparti interessati dal movimento.

Nelle ipotesi di adozione e affidamento, il beneficio è garantito entro i primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia, indipendentemente dalla sua età.  

F.A.Q.

  1. Che tipologia di attività lavorativa deve svolgere l’altro genitore?
    • Il soggetto coinvolto deve dimostrare di svolgere concretamente l’attività lavorativa (rapporto di dipendenza o titolare di P.IVA) e deve essere impegnato in modo continuativo nella stessa, erogando prestazioni intellettuali e/o materiali, non rilevando, ad esempio, il mero possesso di titoli abilitativi o l’esercizio estemporaneo di mansioni lavorative.
  2. Posso fruire del beneficio se l’altro genitore fruisce di un periodo di aspettativa?
    • No, in quanto il soggetto, sebbene alle dipendenze di un datore di lavoro pubblico o privato, ha momentaneamente interrotto la propria prestazione d’impiego. Diversamente, la fruizione di astensione obbligatoria o del congedo parentale non rilevano ai fini dell’assegnazione temporanea ex art. 42 bis del D.Lgs. 151/2001.
  3. Mio figlio ha compiuto 2 anni. Posso presentare istanza di assegnazione provvisoria?
    • Si. Il trasferimento avrà una durata complessiva di anni 3 dal momento della concessione del beneficio e può, dunque, protrarsi oltre il terzo anno di età del figlio. Nel caso specifico, il trasferimento temporaneo permarrà in essere fino al raggiungimento del quinto anno.
  4. Cosa avviene in caso di fruizione frazionata del beneficio in rassegna?
    • Ciascuna concessione non potrà essere inferiore a 180 giorni. Le successive richieste, non inferiori al limite di 180 giorni, fino a concorrenza del triennio, saranno veicolate tramite il Reparto di assegnazione temporanea. Nelle more della decisione, il militare permarrà presso il Reparto di momentaneo impiego. In ogni caso, la singola domanda non può prevedere periodi frazionati non continuativi.
  5. Cosa accade alla scadenza del triennio?
    • Il beneficiario dovrà inderogabilmente rientrare al Reparto di provenienza, anche in pendenza di una nuova domanda – sia per il medesimo istituto che per altri strumenti di mobilità – finalizzata alla permanenza presso la sede di temporanea assegnazione.
  6. Quali sono i termini di definizione del procedimento?
    • 120 giorni, nel caso in cui la competenza decisionale sia del Comando Generale e dei Comandi Interregionali o equiparati;
    • 90 giorni, per i provvedimenti adottati dal Comandi Regionali o equiparati. Per gli Ufficiali i termini sono di 180 giorni, dal momento che il ricorso all’istituto configura la presentazione di un’istanza di trasferimento. A tal riguardo, è preferibile che le richieste della specie siano presentate, per tale categoria, nell’ambito dell’annuale manovra d’impiego, al fine di contemplare al meglio le esigenze personali e con quelle di servizio.

 

A latere, si evidenzia che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 99/2024, depositata il 4 giugno 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42 bis, comma 1, del D.Lgs. 151/2001, nella parte in cui prevede che il trasferimento temporaneo del dipendente pubblico, con figli minori fino a tre anni di età, possa essere disposto «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa», anziché «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale è fissata la residenza della famiglia o nella quale l’altro genitore eserciti la propria attività lavorativa». La Corte Costituzionale ha, pertanto, ritenuto che il vincolo territoriale”, imposto dall’art. 42 bis, sia eccessivamente rigido, non adattandosi alla complessità delle dinamiche familiari e alle diverse modalità di lavoro. La Corte, inoltre, ha rimarcato che il fine dell’istituto è la salvaguardia dell’unità familiare nei primi anni di vita del bambino, periodo cruciale per il suo benessere psicologico e fisico.