Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. del 26 marzo 2020, n. 2109.

In deroga all’art. 9, comma 2, l. n. 19 del 1990, che ha definito in cinque anni il periodo massimo di sospensione cautelare dei pubblici dipendenti, l’art. 919, comma 3, del Codice dell’Ordinamento Militare consente la protrazione della sospensione precauzionale anche oltre il quinquennio di ordinaria durata, allorché un militare sia imputato in un “procedimento penale per fatti di eccezionale gravità”; tale disposizione, in quanto appunto volta ad evitare i danni potenzialmente connessi al rientro in servizio dell'imputato, non può essere applicata ove il militare - scaduto il primo quinquennio di sospensione cautelare  -  sia già da tempo rientrato in servizio (Ha chiarito la Sezione che l’art. 919, comma 3, del Codice dell’Ordinamento Militare attribuisce all’Amministrazione il potere di protrarre lo stato di sospensione in cui il militare già si trovi, al fine di prevenirne il rientro in servizio alla scadenza dell’ordinario termine di cinque anni, ove tale rientro in servizio sia considerato suscettibile di incidere negativamente sull’immagine, sul prestigio e sul buon andamento del Corpo di appartenenza: ne consegue che l’Amministrazione non può utilizzare tale potere di proroga della sospensione cautelare allorchè l’interessato, scaduto il primo quinquennio , sia già da tempo rientrato in servizio).

Nella specie l’interessato, già sospeso nel 2008 dal servizio nel Corpo Forestale dello Stato per un quinquennio, era rientrato in servizio nel 2013 ed era poi nel 2017 transitato nell’Arma dei carabinieri assumendo lo status militare.

Con provvedimento dell’aprile 2019 – essendo intervenuta una sentenza di condanna in primo grado - l’Arma ha illegittimamente disposto nuova sospensione cautelare del militare per un ulteriore quinquennio ai sensi dell’art. 919, comma 3, C.O.M.